"La gioventù è il coraggio della nuova generazione di sfidare quella precedente"
La ricerca del piacere / l' espansione della solitudine:
Qualche tempo fa, un pensatore di gran razza osservava che non possiamo fare l'amore se non attraverso organi escrementizi. Se ci pensi bene, il sesso è una specie di dissezione del corpo umano: si comincia ad accarezzarne la superficie, poi si morde, si sminuzza e ci si immerge in profondità per mostrare la nerissima luce dell' interno: umida, ulcerata, allegra e insaziabile.
E' davvero un peccato che la sola copia che resta di questo lavoro sia di bassa qualità e coi sottotitoli spagnoli impressi, ma particolari di questo genere contribuiscono a creare l' idea strabiliante che ruota intorno allo strano regista di Housemaid. Quando iniziò a fare cinema, Kim Ki Young non aveva neanche una cinepresa vera e propria, usava una vecchia Eymo caricata a molla, ed era costretto a girare con un foro sul tetto che rifletteva la luce del sole nella stanza tramite uno specchio. Introdusse immediatamente quegli elementi decorativi che comunemente chiamiamo "taglio d'autore", innanzitutto:
-Tonalità e riempimenti. La luce di fondo e la proporzione dei toni erano gestiti con la frenesia di un maniaco, ma senza disordine. Kim Ki Young andava matto per i toni bassi e li cercava con una lentezza sartoriale, perché - ad esempio- "un contrasto basso può rivelare la bontà di una persona", oppure: "Una luce può esprimere una psiche".
L'idolatria delle tonalità era quasi sempre mescolata all'uso etico-estetico della camera ferma. La "fissità" dell'azione scenica veniva elusa girando con la tecnica del Kaeshi, parola giapponese che significa "capovolgere", che consentiva la ripresa di scene veloci. In più, il movimento era amplificato da una grandiosa gestione spaziale: la scalinata è il suo marchio. Crea profondità di campo, angolature perpendicolari e sinonimi di ricchezza.
E' stupefacente che un lavoro del genere abbia visto la luce proprio negli anni '70, periodo in cui il presidente Park Jung-Hee aveva introdotto l'idea nazionalista di una società patriarcale. Quello che dovete aspettarvi da questo film è -in questo senso- la distorsione grottesca dei codici drammatici, perché "Il fondamento ideologico che sacralizza e rende desiderabile la famiglia nella società capitalistica è il concetto di produttività rappresentato dal bambino". E' urticante, ma sta in piedi. C'è un senso di cinismo in tutto il film, specialmente nelle sezioni che riguardano la famiglia. Il tavolo e la sala da pranzo sono sempre ripresi dall'alto, a distanza. Essere umano e comportamento animale: i temi della prevaricazione, del controllo sessuale e della castrazione sono sempre annunciati dalla posizione della camera da presa. Il concetto del film è che l'uomo viene diviso: subisce sua moglie, diventa impotente, recupera la sua virilità (con un'altra), viene alfine paurosamente castrato. Si noterà da subito l'uso frequente, addirittura morboso, del termine "caro", insieme all'acutizzarsi dei momenti sonori: il rumore infernale, estivo e schizofrenico delle api; il rumore ammiccante delle caramelle sul tavolo di vetro (erotico anti-erotico); il rumore stridulo e virginale dell'acqua: ogni scena è opportunamente violata, seviziata dall'uso dei suoni; dalla sovrabbondanza di arredi di scena; dalla deviazione coloristica della ripresa, che esalta spesso il blu e il rosso. Il richiamo al fatale insetto che uccide il suo amante viene proposto ripetutamente nella pellicola, anche con l' idea di cibarsi unicamente di miele (nella doppia accezione di alimento e mucosa erotica). Coerentemente, i Topi bianchi rinvieranno più o meno esplicitamente all'idea di moltiplicazione e non stupisce affatto il fatto che finiranno proprio in un letto di donna o nella bocca di un bambino. (Vorrei tanto che qualcuno avesse chiesto a Kim Ki Young perché i topi stavano nella boccia dei pesci, dannazione).
Intanto penso alle due donne dalla fronte piatta, ai loro denti carichi di odio, ai tessuti di pelle bianca che coprivano i loro scheletri; penso agli insani rintocchi della malattia dell'amore; al gusto, al rigurgito, al disgusto di un letto in cui due corpi non si incontrano in uno. Penso alla noia. Al sudore. Al silenzio.
Penso agli uomini che amano le loro mogli, anche quando sono stanche e affaticate.
E' l'eterna battaglia, la solita storia mutilata, pallida e rugosa, ma infaticabile.
Michela
2 commenti:
Ottima recensione, i miei complimenti! Di Kim Ki-young mi ero ripromesso di vedere The Housemaid, ma anche questo Insect woman sembra promettere bene.
Ho scoperto il cinema asiatico da poco tempo (grazie ad un corso universitario incentrato proprio su questo) ed è stato un colpo di fulmine. Peccato che in rete molti film 'datati' siano difficilmente reperibili. Inoltre per molti film non eistono versioni italiane e nemmeno sottotitolate (ad esempio film come Doppio suicidio ad Amijima, oppure Eros+Massacre etc.), ma vabbé. Concitnua così!
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