Potpourri di Noia sfrenata, in salsa rancida.
Ok, rassegnamoci al fatto che in questo periodo non è proprio aria di aggiornare seriamente il blog e accontentiamoci di lasciare almeno una squallida traccia dei film che, invece, non abbiamo smesso di guardare. L'ultima canaglia si chiama
Bad boy bubby, film australiano che fa fiutare il grande cinema nei primi dieci minuti e poi ti stropiccia il cervello con una gigioneria da romanzo d'avventura rigurgitato, che la sottoscritta non ha proprio digerito. Polveroso, caotico e senza ossature da gran copione, Bad Boy Bubby ha il contrappeso meraviglioso della violenza della rappresentazione: la funerea cantina in cui la famiglia vive e si nutre di un eros pruriginoso, uno degli incesti più disgustosi ed espliciti dell'attraente cinema sotterraneo; le lunghe tette (da grossa giumenta) dell'anziana signora, il suo bacino grasso e bubbonico: sono tutte immagini nate per schiantarsi negli occhi del voyer più accanito, ma tutta l'insana magia della creazione è oscurata (e annientata) da un ventaglio di locuzioni da anticlericalismo kitsch, che nemmeno la foga notturna delle idee nate morte riesce ad eclissare. E' come se a un certo punto, la pellicola si fosse censurata da sola, mancando un bersaglio che sembrava saldamente alla portata del regista.
Vince, misteriosamente, il Leone d'argento in un coraggiosissimo Festival di Venezia del '93.
Michela
4 commenti:
Sono d'accordo. La potenza delle riprese all'interno della casa-prigione fa eccitare il gusto cinefilo. Quando Bubby scappa, il disastro.
De Heer è comunque, suppergiù, un mediocre.
M'aspettavo di trovarci un certo ex-batteraio, ma vabbè...
Per il film di Mortier serve un'altra visione. Devo prima trovare il fegato, però:-)
Eddai, trovalo.
Ti suono "mongoloid" da sotto la fenêtre, lo giuro!
Posta un commento