lunedì 31 agosto 2009

Gli AMANTI DEL PONT NEUF - Leos Carax - 1991. (Incanti e repulsioni di Michela)

-"Il cielo è bianco oggi"
-"Sì, ma le nuvole sono nere"

Se esistono dei luoghi preferiti dell'amore, Parigi li batte tutti. Succede così anche nel piccolo gioiello di Carax, in cui la città della Senna è perversamente livida, nerastra e violenta, illuminata nelle sue assenze solo da una bidimensionalità ed un bagliore disperanti. E' stupefacente come un regista possa, concentrando tutto il suo mondo emotivo, liberarsi del combustibile della bellezza e sublimare una storia intera in un luogo minuscolo, quasi una nuova membrana della città, come una malformazione dell'epidermide, dotata però di una sua vita, di un cuore nuovo, tachicardico e violento, di un sangue cattivo, condensato, che per questo ancora più furiosamente scorre. Qui il Pont Neuf è tutta Parigi. Una malformazione vera della città, che solo dei disperati potrebbero abitare. E' un gelido letto, anche d'estate, ma c'è la Senna lì vicino per ripulirsi il seno, i due naufraghi hanno calde coperte e sulla loro testa, invece di un moderno lampadario, è appeso un cielo stellato che piove nell' acqua, come i fuochi artificiali, in un mondo in cui conta ubriacarsi, gridare feroci come due vecchi orsi, animali decrepiti e orribili nell'aspetto, che danno fastidio ai nostri occhi per tutto il film. Se c'è una cosa che devo ammettere è che la bruttezza, quando è credibile, è davvero micidiale. Alex, il clochard sputafuoco, è un uomo tozzo, che cammina male, si esprime con strani rantoli, ha un viso rozzo, da minorato, sempre rovinato da qualche brutta smorfia. Non è certo un eco del giovane Werther; ricorda, piuttosto, Quasimodo o Gwynplane, con la sola differenza che la bruttezza dei "mostri" è incredibile, quindi meno pericolosa per il nostro stomaco. A me non è piaciuto tantissimo, nemmeno nelle intenzioni, ma sono certa che Carax ne sarà rimasto abbagliato. E' così che deve essere: è un uomo solo, insonne, perduto, ma non ancora impotente. In lui sta una delle più riuscite contrapposizioni del film, quella tra acqua e fuoco: tradizionale eco sesso/castità, nel più pulito sintagma del linguaggio biblico. Esistono il delitto e il castigo: perché l'amore di Alex per Michéle è pieno di possesso, come tutte le forze che si fondano su una solitudine; è un amore anch'esso sporco e, forse per questo, più batterico, violento, annodato nel luogo più oscuro delle viscere. Immaginate cos'è un rubino puro per un debitore? Una carogna per un verme? Un rifugio per l'animale in fuga dal predatore?
Non dico che sia un amore insincero, ma infettato, questo sì. Lei è bella. Nonostante l'occhio malato e i buchi della povertà. Non è sola. Aveva una casa, qualche amicizia, un amore perduto, fatto fuori con un buco di pistola. Ha talento, erotismo, abbandono, potrebbe essere un'eroina di Merimèe. In lei si consuma un movimento diverso, quello visivo, che per un'artista è tutto. Ma è stupefacente quello che riesce a vedere nel suo universo privo di prospettive, quando corre nuda con Alex e non prova disagio per quel corpo goffo, eccitato in modo brutale, primitivo, violentissimo, ancora soltanto...brutto.
Ci sono deformità che sono dei capolavori, e questo vero. Deforme è la gelosia di Alex, che cerca di nascondere a Michèle la speranza di riacquistare la vista. Tentativo inutile, che gli costerà il carcere, in una sequenza davvero disturbante, che non è quel tipo di estetica che io preferisco, ma che ha una sua propria forza. Insomma, questo film, è più che un racconto romantico, una storia consumata sulle radici dell'esistenza, un'incontro di sue solitudini così uniche da diventare rosse, furiose, ma eteree. Malgrado la difficoltà che si prova di fronte a un cinema così d'autore (forse Carax esagera), c'è una scena che dovrebbe entrare nel cuore di tutti, è un notturno che si svolge nel Louvre: Michèle, guidata da un vecchio clochard, guarda alla luce della candela l'autoritratto di Rembrandt, un quadro che alla luce del giorno non riusciva più a vedere. L'esitazione della sua mano sulle linee del dipinto, la tenerezza del vecchio che la tiene sulla schiena, una scena di un candore inesprimibile, di una purezza senza precedenti, subito mescolata ad un'altra che turba lo stomaco. L'anziano clochard si gira di spalle, noi non vediamo più i suoi occhi, la bellezza pittorica delle sue rughe. Preme le mani sulle sue spalle, la spoglia, lei respira e lascia fare. Poi l'abbraccia. Al mattino il vecchio cade (o si getta?) nella Senna. Alex e Michéle non diranno una parola.
Il finale è di quelli così francesi che ti ci affezioni per forza. Il tuffo nelle acque invernali del fiume, l'inutilità del respirare, il possessivo soffocamento di Alex. Poi la superficie acquatica, di nuovo l'aria, elemento primitivo del cuore, e infine due anziani su una chiatta. Partire, correre con loro, muoversi lontani da Parigi, insieme. Come due polene cavalcano nei loro sorrisi eccessivi le onde incerte della Senna. Qui capisci quando è grande Jean Vigo. Quelle immagini sono tutte rubate all'Atalante, il film che è di una tenerezza, di una preziosità, che nessuno, nemmeno il talento visivo di Carax riesce ad obliare.
Il film è stato un grande insuccesso. Questo vuol dire che non è stato capito.
Mi piacerebbe poter dire che allora è un genio.
E invece no.
Michela






8 commenti:

Anonimo ha detto...

Se non ricordo male non mi avevi detto un gran bene, di questo film.
Si vede che in definitiva "pensare molto" dà i suoi frutti. ;-P
Anche a freddo.
Soprattutto a freddo, quando a pensare sei tu.
Effetto Lynch?
Non sono così presuntuoso, però forse forse...
Mi hai molto incuriosito, comunque.
Come sempre.
Certo a parole riusciresti a rendere accattivanti pure i film dei Vanzina, per cui non so se voglio guardarla veramente, questa pellicola.
Saranno pregiudizi, i miei. Però rivisitare "Il tempo delle mele" (marce) in salsa bohemienne sembra un esercizio duro a passare di moda...
Un clichè pieno di ruggine, che nonostante tutto ci si sforza di tirare a lucido.
Qui cosa c'è di nuovo? L'ambientazione, la trama e gli stessi personaggi sanno incredibilmente di déjà vu solo a sentirne parlare.
Quante scene madri gireranno ancora nel Louvre? Quanti altri tuffi nella Senna dovremo sorbirci? Quanto ne abbiamo bisogno?
Gli ultimi reietti con la "r" moscia e i sentimenti "alti" che ho visto sul grande schermo sono stati quelli del deludente -e non poco- "L'enfant", dei sopravvalutatissimi fratelli Dardenne (prima o poi a Cannes premieranno anche i filmini amatoriali della prima comunione). Lo ammetto, di certi francesismi su celluloide non sono mai stato un cultore, e credo sia palese.
La stessa "nuova onda" che tanto ti piace, la mia spiaggia non l'ha mai neanche lambita.
Eccettuato -ovviamente- (ma per motivi che definirei più socio-politico-affettivi che strettamente cinematografici), il genio irriverente e libero di Vigo, gli unici mangiabaquette capaci di procurarmi emozioni genuine sono un pò troppo "moderni", per te. Almeno negli intenti.
Su tutti, penso al Kassovitz de "La haine" (che col senno di poi avrei preferito appendesse la cinepresa al chiodo, dopo un tale chef-d'uvre) e -alla faccia del cinema d'essai- persino a qualche cosa di Besson.
Preso atto della recente mutevolezza del tuo senso estetico, ti consiglierei un'occhiata (anzi più d'una, ma attenta a non rimanere orba!) a quella che oltrape chiamano la "nouvelle vague de terreur".
Pascal Laugier su tutti.
Mi ringrazieresti di cuore, qualora la visione ti lasciasse indenne.

Se vuoi saperne di più:

http://www.horrormagazine.it/rubriche/4188

Au revoir!

p.s.
Cos'è... non ti rileggi più prima di postare? Ci sono almeno un paio di erroracci di battitura, sai?
X-P

D.M.

Anonimo ha detto...

ghgh...
Dovrei rileggermi anch'io.
La pagliuzza nel tuo occhio e la trave nel mio.
X-)

D.M.

Anonimo ha detto...

Marchettini
quale analogia esiste mai tra il tempo di Carax e quello delle mele?
I personaggi sono diversi per età, condizione sociale, condizione fisica, persino la condizione morale è in totale disaccordo con l'idea usurata che cerchi di esprimere.
Proprio fatico a capire la pertinenza di questo intervento.
Mi rendo conto che non sei a conoscenza del fatto che, da tempi assai più lontani, il Louvre è un'abitazione confidenziale come un rifugio per i parigini. Sai perchè? Negli inverni gelidi il vecchio museo era, per molti, l'unico luogo "caldo, perché riscaldato", un posto in cui fuggire persino dalle bruttezze delle pareti scure.
Ti assicuro che la scena del museo non ha niente a che vedere con la corsa dei miti di Bertolucci. Qui hai Rembrandt sotto gli occhi per tutto il tempo, in verità nemmeno viene nominato il luogo in cui si trovano in due vagaboni.
In più, capirai che le ultime scene sono un OMAGGIO ESPLICITO a l'Atalante. Certo, pensavo si capisse da quello che ho scritto (credo di aver usato la parola "Soffocamento") che il tuffo NON è UN MOMENTO GOLIARDICO, ma una terribile apnea invernale. La sensazione è che lui voglia annegare, ma non da solo.
E' un film che persino nel genere non ha niente a che vedere con Frangette e mele galeotte.
Per il resto, se non ti piacciono le baquette...Mangia brioches.
Michela

Anonimo ha detto...

P.S.
Avevo fretta

Anonimo ha detto...

Embè ?

p.s.

"Il tempo delle mele" era una b-a-t-t-u-t-a.
La profonda differenza coi derelitti di Carax speravo si risolvesse in modo sufficientmente chiaro nell'aggettivo che ho usato dopo.
E' quel mood trito e ritrito un pò presuntuoso e tutto francese di mostrare le ovvietà in maniera poetica, che mi indispettisce. Sembra quasi esser diventato l'unica cifra stilistica irrinunciabile per ogni regista intento a raccontare il mal di (soprav)vivere.
Non se ne può più.
Sai benissimo che già quella di Bertolucci era una citazione, e lo stesso "Atalante", come lo chiami tu, ha una sfilza di "omaggi", furti e imitazioni nella storia del cinema, lunga almeno un km...
Poi Parigi è Parigi, non è che si debba automaticamente tacciare di revival o addirittura plagio chichessia, solo perchè ambienta un film in posti già visti.
Morale della favola?
Ho deciso che vedrò l'opera in questione, nonostante tutto.
Così ne riparliamo, MAGARI.
Hai fatto centro, visto?

Ah, il Louvre come rifugio dei vagabondi mi mancava.
Dovessi rimanere senza casa, ora ho un'idea in più per svernare senza problemi. La mia artrosi ti ringrazia.

Adesso esco e vado ad ubriacarmi.
SuperTennent's e brioches, presumibilmente.

Felice serata.

D.M.

Anonimo ha detto...

Adesso dimmi chi, prima di Vigo, aveva raccontato di una chiatta, di un vecchio marinaio che vive tra gatti e grammofoni, dell'idea che in acqua gli occhi dovrebbero stare aperti, perché è lì sotto che "si vede la persona che si ama". Dimmi chi aveva tentato quella incredibile sovrapposizione acqua/vento sul viso fiducioso di una donna.
Solo questo voglio sapere. Se mi accontenterai, avrai tutta la mia stima.
"Diversamente, ti compatisco".

Anonimo ha detto...

Precisazione importante:

"lo stesso "Atalante", come lo chiami tu, ha una sfilza di "omaggi", furti e imitazioni NELLA (leggi "all'interno di" ovvero "nel corso della") storia del cinema, lunga almeno un km..."

Ora:
Il cinema -come invenzione- nasce nel 1895, e fino alla seconda metà degli anni '30 non è sicuramente il Cinema come lo si intende nell'accezione moderna del termine (e per le ovvie limitazioni tecniche, e per via della scarsa utenza a livello mondiale).
Il capolavoro in questione (Capolavoro, ribadisco) è del '33/'34 (mi pare).
Visto che siamo nel 2009, come avrei potuto intendere per "storia del cinema" il quarantennio scarso precedente all' "Atalante", piuttosto che i settanta e passa anni successivi?
Dato il contesto, la frase sarà anche stata fraintendibile, me ne rendo conto...
Ma lo sai quanto mi piace quel film!
Sono grato alla mia insonnia decennale e a san Ghezzi, per avermelo fatto scoprire.
Poche decine di righe più su poi ne decantavo la genialità, sul
serio mi giudichi tanto schizofrenico?
Pecco di sarcasmo, è vero.
Sono spesso provocatorio per partito preso, e magari stavolta lo sono stato in modo ottuso.
Dei critici in generale ho imparato a diffidare, al tuo Morandini preferisco il figlio brigatista e sì, sono idiota per vocazione. (sarcasmo)

Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. (come sopra)

Adesso me lo presti 'sto film di Carax???
Dai prestamelo, e giuro che lo guardo genuflesso sui ceci.

Perdona la prolissa pallosità dell'intervento.

Penitentemente,

D.M.

Anonimo ha detto...

Un'occhiatina qui dalla lo stesso, basta fare copia e incolla e il link funziona:

http://www.horrormagazine.it/rubriche/4188

Poi dimmi che impressione ti ha fatto, ok?