giovedì 15 ottobre 2009

L'emozione del brutto in un dipinto di Toulouse Lautrec. (Sproloquio di Michela)

C'è un posto sulla collina di Montmartre che si chiama Moulin de la Galette, è un vecchio granaio coi mulini a vento e lo steccato verde, un posto divertente,  addirittura strabiliante, dove due mugnai preparano le loro famose focacce e per pochi centesimi ti fanno ballare intorno a certe donne dall'aspetto incredibile. Gli uomini indossano scarpette nere di vernice e calzoni attillati. Alcuni di loro portano anche una tuba scintillante e ballano da veri Valentin: bevono molto, moltissimo, e ogni tanto si aggiustano i baffi odorosi di crema da gran signore, buttandosi indietro la noia della mattinata, l'aria piatta, inamidata, di qualche dolce borghese che hanno galantemente portato all'altare. Il locale è illuminato a giorno, ma quando le "stelline" vanno in scena la luce viene sempre da basso, per dare ai loro volti un aspetto più deciso, grottesco, quasi infernale. Se si vuole assistere ad un bestiale cancan, sarà opportuno fare quattro passi, arrivare fino al Moulin Rouge e sedersi a un tavolo male illuminato, da cui si potrà certamente partecipare ad uno spettacolo formidabile: la Goulue, che indossa un vistoso corsetto e vi mostra i suoi seni, gira e fa spaccate per tutta la notte, insieme alla timida Jane o alla grassa Mome Fromage. C'è musica ovunque, dappertutto notte e baccanale: qui clown, contorsionisti e sante donne possono muoversi senza suscitare un solo sguardo di disprezzo. Di questi tempi, una come Cha-U-Kao è molto in voga: è una piccoletta dal  busto sottile,  flessibile, col collo corto e forte e il viso deciso, derisorio, che non ha paura di ballare accanto ad altre donne, in posa virile, dopo un numero da acrobata di gran razza. Qui si può tutto, siamo a Montmartre.
Quando ci mette piede per la prima volta, il giovane Toulouse è alto appena un metro e cinquanta centimetri, ha il naso grosso, poroso, gli occhi luminosi, neri, simili a un liquido denso, e come defecato. Il labbro inferiore è piuttosto teso, come in preda a una tumefazione bruna, e la pelle ha un aspetto febbricitante, ma senza fremiti, un aspetto itterico, ma senza colore. Indossa un pantalone a quadretti bianchi e un elegante panciotto sotto la giacca; ha sempre un bastone accanto a sè e un cappello buffo sulla testa. Questo francese è ricco, è un nobile venuto su con qualche bisticcio genetico, ma pare che abbia osceni pruriti sessuali e poche fanciulle da sacrificare. Sono sicura che Toulouse, a vedere quel posto agitato da figure dall'aspetto burlesco, si sarà sentito meno straordinario. Il nano aristocratico era finalmente della partita.
 Poteva addirittura avere una donna, poteva averne molte per pochi soldi. Marie, per esempio, aveva lunghi piedi e un profumo isterico, un'inclinazione umorale di panico e feticismo, saliva e mucose: perversioni goderecce che le bruciavano gli occhi in maniera profonda, e con quella scintilla di esaltazione che uno "storpio" come Lautrec aveva visto poche volte in vita sua: "Marie!...Marie! "conosceva tutti i giochi del pittore.
A guardare un quadro di Lautrec, difficilmente troverete qualcosa di vagamente simile alla bellezza. Le sue donne sono brutte, decadenti, hanno carni violette rapprese da strani mali, e occhi corrotti, affaticati e lunari. Se sono di scena al Moulin Rouge, ci vengono incontro come bianche maschere, con quella dannata luce che viene da basso, sempre la stessa accentuazione del profilo, il mento che viene fuori come un artiglio, la guancia scavata, indigente e -sulla bocca- il colore guasto di un frutto andato a male. Quando qualcuno gli chiedeva perché ritraesse tutte le donne come fossero brutte, quella lingua velenosa di Lautrec rispondeva: "Perché lo sono". Malgrado qualche crudeltà di temperamento, non faticò a diventare qualcuno a Parigi, i suoi cartelloni del Divan japonais o di Ivette erano praticamente ovunque e lui dipingeva continuamente, come preso da un fauvismo di creazione e candore.  A notte fonda si spostava al bordello, che era a pochi passi dalle sale da ballo. Lì stava per ore con Mireille, che era la sua favorita e di cui abbiamo qualche scatto: uno -in particolare- mi ha impressionato per la durezza del corpo, la pancia grossolana, sporgente e i piedi tozzi, lunghi ed allargati come quelli di un'anatra. 
Toulouse si intratteneva con qualsiasi ospite della padrona. Le prostitute lo lasciavano  fare e lui  restava a guardare la loro vita fatta di piccoli gesti, quei visi candidi al mattino, struccati come quelli di vecchie bambine, la loro schiena rosa e grigia, l'abitudine di fermarsi allo specchio, ogni tanto, a fissare il freddo lavoro del tempo. Forse è soltanto una mia suggestione, ma ho sempre sentito che quest'uomo tanto impietoso con le donne abbia covato qualche sentimento sperticato, ma luminoso, per queste ventenni sfiorite, qualcosa di simile alla pietà mista alla perversione.
Molti pittori hanno avuto a che fare con delle prostitute, magari hanno chiesto loro di posare per qualche bel quadro, vaporizzando sulla vetrata di un oscuro atelier quest'atto immensamente erotico del dipingere. Ma quale differenza con un ritratto di Lautrec! La composizione è in colori brillanti, eppure è attraversata da fibrillazioni tossiche: Toulouse non ha intenzione di vestire le sue modelle con antichi pepli o graziose trecce, non vuole renderne più fresco l'incarnato o più eroica la posa. La ricca processione di Danae, Grazie, Dame con l'ermellino, Venere in conchiglia e Vergini varie non può vantarsi di aver mai sfilato verso qualche teorema di Toulouse. Indicibili e di indicibile bellezza queste tele di vita incipriata, abitate da uno sguardo saturo di ironia, da quel suo naso sempre alla ricerca di un profumo più autentico, di quell'aria odorosa di sudore e concessioni servili che aveva imparato a non giudicare. I clienti non gli interessano, ne dipinge solo qualcuno, perchè ha capito che c'è qualcosa di più appassionante dei baci scabrosi. Adora ritrarre le sue favorite nei momenti più banali della giornata, quando riposano su una poltrona o si affaccendano alla toilette; persino le tele che raffigurano atti d'amore sono in vernice di sole donne, perchè in tutti quei letti -bianchi o rossi- non c'è un solo uomo. E' mattina finalmente, per tutta la notte si sono svestite, hanno civettato, si sono concesse a più di un'ubriaco, sopportandone l'alito orribile, il corpo glabro (come quello di un verme!) e i morsi  violenti, che credono eccitanti. Ora è tempo di lavar via quegli odori, di togliersi dal viso cipria e lordura e restare così, coi capelli corti, a guardare la propria amante, a desiderarla quando il suo sguardo è stanco e affaticato, quando le gambe non s' agitano più come le ali di un insetto e qualcosa nell'aria sussurra sottovoce che è già  tardi per avere un figlio. Dicono che Toulouse de Lautrec non sia stato un artista "purissimo" perché ha svenduto il suo talento nei cartelloni pubblicitari del Moulin Rouge; ebbene, io sono felice di pensare che La Goule, Jane, Suzanne e Nini non fossero per lui misere modelle, ma qualcosa di  assai più caro e di più pericoloso, qualcosa con cui si misurava tutti i giorni: erano la sua vita.  A proposito del suo "dipingere brutto", mi viene in mente il crudele ritratto di Van Gogh per mano di Gauguin, che mortificò talmente il cuore del pittore dei girasoli da scatenargli una voce furiosa, rotta, furibonda. Il corpo infermo, paralitico e lo sguardo dotato di una paralisi ben peggiore, quella del cranio. Ebbene, io sarò sempre grata a Lautrec per il  bel ritratto a matite colorate di Vincent Van Gogh: un profilo fiero, anche se rigido, l'occhio teso, lo sguardo alto, distante, come a cercare qualcosa in lontananza, qualcosa di luminoso, magari soltanto "le nuvole...le nuvole là in basso". A dar retta a Gauguin, qualcuno potrebbe chiedersi perché proprio Toulouse, che "faceva tutti più brutti", abbia dipinto il genio olandese più bello che in verità.
E allora me lo immagino, aggrappato al bastone, coi pantaloni a quadretti e la strana tuba sulla testa, a  tirar fuori quella lingua velenosa e rispondere a tutti, con rigore filosofale:
"Perché lo è".
Michela


3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao tesoro da quanto tempo, che belle parole che bei colori che punto di incontro caldo e avvolgente!
A pensare che ci siamo viste solo per pochi minuti, ricordi? (propio una settimana fà) e tra le valanghe di parole e regali ;) mi hai mostrato una foto di questo ometto che ti ha fatto tanto innamorare e tu di lui noi!
Mi piace questo occhio Gigante sulla femminilità, come sai porre in rilievo le sfumature,come batti il sentiero: ogni volta che sto per iniziare la lettura di un tuo racconto prendo fiato, sò che sarà arduo e che mi toglierà l'ossigeno da ogni alveolo! Il talento della tua penna ti rende ricoscibile ovunque.
Dietro ogni frase signorile, ,dietro ogni riferimento,una ironia, un velo di mistero o una direzione precisa di pensiero si esprime la tua brillante mente,esuberante curiosità,illimitata delicatezza e sensibilità,illuminante intelligenza. Si dichiara apertamente la tua inarrestabile fame di conoscenza, di sapere, di non fermarsi. Quell desiderio di ritrovarsi non per caso ma perchè si è! Si è semplicemente Michela!? Dovresti davvero scrivere, srivere, scivere sempre, per tutti! Ma c'è tempo un pò per tutto, e tutto richiede del tempo.
Allora alla prossima stagione cinematografica, mi aspetterete?!!!Che riesca assurda vero? Eppure io ho delle sorprese da non sottovalutare affatto!
Tesoro batti un colpo quando puoi.
Un bacio
Love you
Simona tua
a prestissimo

Anonimo ha detto...

Sei sprecata.
Il livello di utenza dei bloggers è troppo basso per un'approfondimento del genere.
Non c'è un commento degno, meritevole d'esser considerato.
Certo, magari qualcuno è in grado di apprezzare e gli passa passare di qua senza scrivere cavolate, ma ti assicuro che in genere la gente è troppo pigra o semplicemente troppo INVIDIOSA per mettersi a leggere e celebrare qualcosa a cui loro non arriveranno mai.
Complimenti per i tuoi occhi e per la tua "penna".
P.S.
Lautrec pensavo fosse un cartellonaio...prima.
Buone feste

Francesco ha detto...

Splendido articolo su un pittore assai sottovalutato. La pazienza, la passione con cui dipingeva le sue cocotte emergono bene anche nelle tue più semplici considerazioni.
Spesso si pensa a Toulouse con sufficienza, come un modesto "cartellonaio", appunto. Invece è stato un uomo grandioso, pieno di personalità e coraggio.
Ti faccio i miei complimenti e spero di trovare più spazio per l'arte anche sul vostro (bel) blog.
Saluti