domenica 8 agosto 2010

VINCERE - Marco Bellocchio, 2009. (Soliloquio di Michela).

Benito Mussolini aveva una di quelle figure che impressionano agevolmente la memoria popolare. Il suo aspetto era straordinariamente pittoresco, persino grottesco: il volto ampio, corrucciato; l'occhio piccolo, ma furioso, il mento enorme, difettoso e la mascella larga, potente e fascistissima:
Tutto -nella sua anatomia- rinviava a qualcosa di vagamente caricaturale. Al posto della bocca (strumento privilegiato) una feritoia strabiliante si spalancava come una specie di vecchio grammofono, un aggeggio dal suono potente, esasperato e terribile, perché carico di tutta l' incertezza della vibrazione. 
Quella persuasione, quella infezione emotiva, viscerale, che tormentavano la sua parola, ci vengono incontro per suggestioni, fin dalla prima scena, nell'ultimo lavoro di Marco Bellocchio, che (più che un film) dirige la chirurgia sentimentale di Ida Dalser. E' una donna giovane, forte, alla moda, addirittura emancipata, ma ascolta i primi discorsi del duce con un sorriso suggestivo, sommesso, che fa presagire la devozione. Con lei il duce si esibirà in una sequenza urticante di torbidi, prolungati slanci erotici, nel biancore virginale di un mattino invernale. 
Il regista ha dichiarato che Vincere è una sorta di melodramma futurista, unendo in una sola definizione due forme della rappresentazione più o meno smaccatamente sfortunate. Il futurismo ha  avuto la sciagura di coincidere con un momento storico così disastroso e di averne appoggiato indirettamente le infamie. Se la guerra è "la sola igiene del mondo", tutte quelle tele dalla linea brillante, pesante, imbrattate di dinamismo, motori e modernità, non basteranno a cancellare la livrea che questi velocisti del colore indossarono tanto piacevolmente. Il film è confezionato con l'abilità  di un vecchio sarto ed è così ricco del repertorio più brillante dell'avanguardia futurista, da risultare esattamente proporzionato alla sua epoca. Erano gli anni del motore, del progresso, della velocità e delle automobili. La carica violenta, evocativa e nazionalista del Manifesto firmato dal Marinetti coincise più o meno indirettamente con lo stile e il linguaggio del Fascismo nella sua gloria più nera, funebre e brillante. 
"Noi vogliamo glorificare la guerra[...] il militarismo, il patriottismo, [...]e il disprezzo della donna".

Il fatto che Mussolini fosse uno dei più grandi estimatori del Movimento dovrebbe spingerci ad una serie di considerazioni sul potere disperante e sublime di cui soltanto l'arte può fregiarsi: restituire o -più opportunamente- evocare lo spirito di tutte le epoche. Penso alla donna romantica, molle e panciuta di Renoir, con tutte le sue trecce; oppure alla figura malata, dura e lasciva di Egon Schiele, così diversa dalle dame bianche, sterili e lattiginose di Van Dyck. La storia è piena di Madame Pompadour: avvizzite e corrotte a vent'anni, ma l'arte può vantarsi di ritrovare la suggestione profonda del volto difettoso di Frida Kahlo: nessun libro vi racconterà con tanta persuasione la storia difficile, ricca e tremenda della metamorfosi femminile.
Una donna deve riuscire ad assumere molte forme in vita sua, passando attraverso numerosi corpi: ora è giovane e vi viene incontro docile, fertile e sottile. E' stabile sui piedi. Più tardi avrà l'odore della sua casa, che abita da tanti anni; avrà esattamente l'odore di sua nonna, che ha i denti aboliti dal tempo, ma profuma di violetta ed è così dolce agli occhi del nipote. 
Ida Dalser, "moglie di Benito Mussolini, madre di suo figlio, legittimamente riconosciuto, Benito Albino Mussolini", passò alla storia come una delle tanti amanti del duce. Adele le dedicò qualche misera pagina delle sue memorie e -se non fosse stato per alcune, fortunose "scoperte"- questa brunetta tragica, tutta fatta di viscere e fedeltà, avrebbe occupato soltanto lo spazio minuto di un taccuino bugiardo. Per due ore, invece,  siamo costretti a naufragare in territorio nuovo, ispirato e batterico: Ida, in una notte di festa, in pieno inverno, allunga le sue docili braccia per toccare la neve.
Sta in piedi, a mezza altezza, sulle cancellate bianche del giardino, che son così alte.
Ha in mano tutte le sue lettere e non sente freddo. 
Indossa ancora il camice chiaro e ha sul viso un sorriso scordato. 
L'indipendenza, la libertà hanno un valore così alto: è per questo che il loro prezzo è sempre così caro. 
Benito Albino Dalser morì pochi anni più tardi, per consunzione.
Come sua madre, aveva dormito a lungo sul letto di garza di un manicomio. 
"Alzate la testa!
Ritti sulla cima del mondo,
 noi scagliamo una volta ancora, 
la nostra sfida alle stelle!"
Michela



8 commenti:

eve ha detto...

"Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria."

Anonimo ha detto...

il nuovo taglio del blog è semplicemente SUBLIME!

Brava Michi!

Con affetto
l'amico del treno :P

Anonimo ha detto...

Merci beaucoup:)

cineastante.it ha detto...

Ho trovato questo blog grazie alla polemica sul film "Agorà", innescata fortunosamente su un blog che seguo da molto tempo. Devo congratularmi per la cura e la profondità con cui vengono sviscerate le pellicole in questa pagina. La tua scrittura, in particolare, è sempre agile, coraggiosa e puntuale. Faccio comunque i miei complimenti ad entrambe, perché scegliete i soggetti con cura e cercate, in ogni modo, di rendere un'interpretazione personale della trama, dei suoi significati meno fruibili.
Che ne pensi della scelta di far scomparire la recitazione diretta di Mussolini per tutta la metà del film?
A volte Bellocchio mi sembra un po' troppo forbito e mi sembra persino che cada nell'autocompiacimento più palese. Tu ami incondizionatamente di solito, ma mi piacerebbe sapere cosa diresti a riguardo.
Buone visioni.

cineastante.it ha detto...

P.S.
Non ho idea di come fosse quello di prima, ma devo associarmi al commento dell'"amico del treno", il taglio del blog è davvero bello, uno dei più curati che abbia visto in giro, anche se molto "femminile".
Splendida l'immagine di Kar-Wai.
A presto, mi auguro.

Marta ha detto...

Bel film...visto da poco, affascinante!

Accetto volentieri il tuo consiglio sul libro, felice anche che ti piaccia il mio modo di scrivere...

Ti bacio

Luciano ha detto...

Recensione bellissima con riflessioni sulla donna e l'arte che mi hanno molto stimolato. Complimenti. Senz'altro un ottimo film.

Cotone ha detto...

@Luciano,
ma che onore!
Il tuo è in assoluto il blog (forse è riduttivo chiamarlo così) che seguo di più. Adoro il tuo stile, la pertinenza delle argomentazioni, il coraggio dell'esposizione, la cura della recensione.
Grazie mille.
Michela