domenica 9 dicembre 2007

Charlot in "Monsieur Verdoux"


«The horror! The horror!»
da “Cuore di tenebra di J. Conrad
La letteratura su Charlie Chaplin è probabilmente la più vasta e ricca che un artista possa vantare. Né poteva essere altrimenti. L’opera di Chaplin ha tali radici nella contemporaneità ed una tale acutezza problematica, e valori artistici talmente vigorosi che si è andata affermando come uno dei fattori più importanti della cultura e dell’arte di oggi.
In quest’articolo intendo focalizzare l’attenzione dei lettori su un film di Chaplin poco conosciuto, uscito nel 1947: “Monsieur Verdoux”. Tale film, a mio avviso, può essere considerato il testamento spirituale di Chaplin.
Monsieur Verdoux si apre sull’immagine di una lapide, con la scritta: Henry Verdoux 1880-1937. Una voce fuori campo dice: «Permettete che mi presenti, Henry Verdoux». È subito un linguaggio di morti, nulla di più adeguato al tono macabro- grottesco del film. La tragicommedia non gioca sulle sfumature, ma sugli approcci brutali, senza pudore, mediata soltanto dall’ironia. Verdoux sta tagliando dei fiori con espressione dolce, in un bel giardino; la “camera” panoramica ed inquadra un camino da cui esce fumo nero. Il fumo nero racchiude già tutte le azioni e il carattere del personaggio, tutto ciò che è nefando nel suo comportamento non viene mostrato, ma semplicemente alluso. M. Verdoux, ex cassiere di banca, sposa, sotto falsa identità, numerose donne, e le uccide per derubarle. Col denaro gioca in borsa per poter mantenere la sua famiglia. La cosa gli riesce svariate volte e tenta anche con una fanciulla sola e smarrita. Ma è mosso a pietà e la risparmia. Il mondo è scosso da avvenimenti tragici: crack in borsa, avvento del nazismo, guerra civile in Spagna. Un giorno Verdoux incontra la fanciulla che aveva aiutato. Ora essa è l’amante di un capitalista mercante di cannoni. Vorrebbe aiutare Verdoux, ma questi rifiuta. È scorto dai familiari di una delle donne che aveva ucciso, potrebbe fuggire, ma si consegna alla polizia. Viene processato e condannato a morte.
Nel film sembra che Charlot non esista, ma in realtà Verdoux è Charlot. Perché, notatelo, non vi è tratto del vecchio personaggio che non sia, qui, rovesciato. Anzitutto il costume: non più ridicolo frack, bombetta,scarpacce, bastoncino di bambù, ma invece un vestito impeccabile, una cravatta di seta, un bastone dal pomo d’oro. La condizione sociale è diametralmente opposta: Charlot è un eterno mendicante; Verdoux è ricco. Charlot è un tenero ed un ingenuo; Verdoux è cinico. Charlot è per essenza l’inadeguato sociale, Verdoux è un iperadeguato. Col rovesciamento del personaggio, tutto l’universo chapliniano è, di colpo, rovesciato esso pure. La polizia che terrorizzava Charlot, per esempio, Verdoux la imbroglia con facilità. Anziché fuggire alla vista degli sbirri, Verdoux sfugge loro senza evitarli e quando deciderà di costituirsi, sarà il poliziotto ad aver paura. Il lettore provi a mettersi al suo posto per un attimo. Da quando Charlot esiste, La Società delega alla sua polizia il compito di espellerlo dal suo seno. Gli sbirri sono usi ad andare a urtargli contro all’angolo delle strade, sui viali deserti. La sua fuga precipitosa è sempre stata l’indice di una vaga colpevolezza che si denuncia da sé. In fin dei conti l’omino dava loro ben poche preoccupazioni: era una vittima facile che si limitava a benigne rivalse, ma che sapeva restare nella sua parte di colpevole. Ed ecco che Charlot scompare! Non c’è più colpevole! La Società soffre di un malessere strano. Non già che si senta, a sua volta, colpevole (non si è mai viso: la Società, per natura, non può far altro che accusare), ma qualcosa l’inquieta molto. Le donne che spariscono, quest’uomo inafferrabile turbano la sua buona coscienza di Società. Non solo perché è impotente a impedire i delitti, ma perché sono di un carattere di cui essa avverte l’equivoco. In realtà, la Società, si sente colpevole ma non può riconoscerlo. Quando Monsieur Verdoux le spiega, dal banco degli imputati, che egli non fa altro che applicare fino alle ultime conseguenze quella legge fondamentale dei rapporti sociali, quella saggezza dei tempi moderni, cioè gli affari sono affari e basta, essa griderà allo scandalo, tanto che egli ha perfettamente colto nel segno. E tanto più si accanirà contro Verdoux, in quanto non vuole vedere in lui una specie di parodia sociale, l’applicazione sino all’assurdo della sua regola del gioco. Verdoux con il suo solo esistere, rende colpevole la Società. Naturalmente la Società condanna a morte Verdoux. Spera di cavarsela così, ma essa non sa capire che, se Verdoux si è degnato di consegnarsi ai giudici, il verdetto non poteva più colpirlo. Essa avrebbe colpito se stessa, attraverso l’accusato. Dall’arresto in avanti, Verdoux non oppone resistenza, domina sui propri ultimi istanti come Socrate e tiene la Società in scacco con la sola evidenza della sua esistenza. Ormai tutto è compiuto. Ecco Verdoux che si allontana tra i carnefici nell’alba di un cortile di prigione. Omino in maniche di camicia, con le mani legate, se ne va con passo saltellante. Ed ecco il gag evidente: Verdoux era lui! Ghigliottineranno Charlot! La Società non l’ha riconosciuto, ha commesso uno di quegli errori che la scrolleranno sino alle fondamenta. Per costringere la Società a questa gaffe irrimediabile, Charlot si è rivestito del suo contrario. Quella strada che era sempre la stessa, sempre ripresa di film in film dall’omino col bastoncino, con Monsieur Verdoux, sappiamo dove finisce: al patibolo. Le riflessioni sull’attualità del film li lascio fare a voi lettori, ma senza alcun dubbio, questa opera getta, sull’universo chapliniano, una nuova luce, e lo ordina e carica di significato.
«Forse quel che dà fastidio agli americani è il fatto che Monsieur Verdoux sia un piccolo borghese, un impiegatuccio come tanti di loro, un povero diavolo con la famiglia da mantenere» (Chaplin).
La provocazione arriva a segno, anche se più tardi. Nel 1952 Chaplin intraprende un viaggio verso l’Inghilterra. Durante il tragitto apprende di essere stato sottoposto ad inchiesta per attività antiAmericane: se farà ritorno negli USA sarà arrestato. Il viaggio si trasforma così in un addio definitivo.

Kurtz

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Holaaa ragazze!Felicemente ritrovo il vostro blog..così carino interessante e variopinto!Vi meritate proprio un bel pacco di complimenti..non c'è che dire!Belli gli articoli - Michelissima - di uno spessore sorprendente e sempre molto gradevole.. - Simona - sempre carica di buoni sentimenti,riesci a trasmettere la tua splendida vitalità anche attraverso uno schermo..
brave brave brave!
ci mancate,un abbraccio forte,
Salvatorico

p.s. :
vi lascio il link del mio blog,fateci un saltino,siete le benvenute!
http://salvatorico.spaces.live.com/

ciaoo

Anonimo ha detto...

Se parli di Chaplin mi inviti a nozze. Quando vidi questo film rimasi basito dalla "normalità" con cui Chaplin cercava di presentare il protagonista, una radicale critica vivente a tutta la società borghese... così come il processo finale è una messa in scena "moralistica", con un parterre che si scandalizza dei crimini del nostro, quando Chaplin mette sotto accusa tutta la società, affermando la scomoda ed antiborhese verità nascosta che ognuno ha le mani sporche di sangue. Non sono daccordo sul presentare questo film come il suo testamento, ma è certamente quello più affilato... un film attualissimo, oggi che i media ci bombardano con gli omicidi di Pulcinella (tipo Meredith) ignorando volutamente il degrado necrofilo della nostra società. Cmq hai fatto bene a mettere insieme l'atmosfera di Conrad (Apocalypse Now) a quella di Monsieur Verdoux... da un certo punto di vista sono film simili, anche se la trasposizione del romanzo di Conrad risente di un pericoloso maggiore surrealismo, che invece manca nel lucidissimo e spietato Chaplin.

Donna Ceneca - capitano Willard
-- -- --
www.action30.it

Anonimo ha detto...

Grande Franco, sei riuscito a non farti insultare nemmeno da Donna Cecena!

Cotone ha detto...

Tutto d'un fiato, mi è sembrato un attimo..leggendolo fino alla fine non potevo che ricnocerti.
Preciso, puntuale,impeccabile! Con una forma decisa e semplice,un percorso emoziale arricchito di conoscenza e sensibilità!
Complimenti cognatino, mi hai davvero stupito e ti ringrazio per aver esaudito la mia richiesta, ero certo che avresti fatto innamorare tutti i lettori del tuo Chaplin,compresa me! Spero che continuerai a scriverci sarebbe un peccato se tutti i tuoi pensieri delicati e la tua conoscenza approfondita e versatile rimanesse solo accocolata al caminetto di casa. E' invece bello confrontarsi, spaziare divulgare non smettere mai di cercare l'orizzonte!
Ti voglio bene tanto tanto cognatino,mio! e poi la società che condanna e uccide se stessa mi fa rabbrividire e tanto pensare!
Grazie grazie sono davvero felice.

Simona

Cotone ha detto...

Grazie dolcissimo Salvatorico che bello trovare un tuo commento, così caldo e familiare!
Ho sbirciato anche io nel tuo bolg ,che ti ritrae davvero in gran forma, come sei fotogenico insieme a tutti i tuoi amici! Peccato che non sono riuscita a lasciare un commento..Anche voi ci mancate tanto ma la lontananza non affievolisce la voglia di rivedersi e di stare insieme,e i ricordi estivi mi scaldano il cuore!L'estate che ci ha fatto ritrovare e conoscere meglio,divertire e sorridere insieme, avvolge tutto con il suo facsio di luce.. da inseguire.
A presto, non vedo l'ora di scambiarci tutti insieme i regalini di natale... ciao ciao vi voglio bene
Simona

evaluna ha detto...

Cioè, fatemi capire, c'è un'altra esaltata oltre a Simon de Bolivar e Madam de Stael?